La conferenza dove io e Chiaraarte ci siamo confrontate sulla tecnica Kintsugi e sul suo valore simbolico si è tenuta il 1 febbraio 2020 nella sala superiore del Bar Borsa di Vicenza, sotto la Basilica Palladiana, ed è stata organizzata con il supporto di CNA Vicenza e la curatela della dottoressa Elena Agosti.
Le nostre opere a confronto erano esposte sotto la Basilica nella bottega orafa Daniela Vettori.
Kintsugi è una tecnica giapponese di restauro della ceramica risalente alla fine del 1400. I materiali di utilizzo sono: lacca urushi, farina di riso, tonoko (polvere di argilla) e polvere d’oro puro.
Letteralmente significa “riparare” con l’oro.
Da quasi tre anni mi sono dedicata alla creazione di una linea di gioielli ispirata a quest’arte giapponese. La mia è stata una vocazione dettata da una necessità che poi mi ha spinta a dedicare tempo e ricerca a questo mondo di rotture e ricomposizioni.
Grazie alla mostra diffusa di Artigianato e Design organizzata da CNA a Vicenza e curata da Elena Agosti ho avuto la fortuna di conoscere una delle poche restauratrici europee che lavora applicando la tecnica tradizionale giapponese: Chiara Lorenzetti, alias Chiaraarte.
Chiara ha scritto anche un bel libro su questa tecnica: “ Kintsugi: l’arte di riparare con l’oro.”
Mi è subito piaciuto il suo approccio storico e scientifico, da tecnica, da donna che lavora con le proprie mani.
Quando ci siamo sentite al telefono per la prima volta c’è stata subito affinità ed è così che abbiamo deciso di organizzare una conferenza per parlare delle molteplici sfaccettature di quest’arte antica e delle rispettive visioni a riguardo.
La storia di Chiara è incredibile: comincia a studiare la tecnica Kintsugi da autodidatta, ancora quando qui in occidente non era così conosciuta, e incredibilmente viene contattata da una tv di Tokyo che la porta in Giappone a da un maestro d’Arte che poi diventa il suo Maestro. Questo lo chiamerei destino o karma, per cui la sua storia è profondamente intrecciata a quella di quest’arte.
La mia storia con Kintsugi è diversa.
Ho scoperto quest’arte da bambina quando mia mamma, di ritorno da un viaggio in Giappone, portò con sé una tazza crepata che era stata riparata tramite Kintsugi.
Il ricordo di quest’arte giapponese è rimasto custodito dentro me fino a quando una necessità pratica me l’ha fatto riaffiorare.
Qualche anno fa, durante i giorni che precedono il Natale, stavo lavorando alacremente nel laboratorio di oreficeria per le ultime consegne dei clienti.
Uno dei lavori che mi avevano commissionato era una bracciale d’argento da forgiare lungamente a fuoco. Mentre lo lavoravo una disattenzione mi fu fatale e il bracciale si ruppe in due pezzi.
Che fare? Non c’era tempo per ricominciare il lavoro da capo!
In quel momento mi riaffiorò alla memoria l’immagine della tazza crepata e riparata con l’oro.
Così rischiai e provai a risaldare il bracciale d’argento spezzato con l’oro.
Non solo la cliente fu molto comprensiva, ma la trovata le piacque così tanto che fui incentivata a sviluppare un’intera linea dedicata al Kintsugi.
Ogni volta che creo questa collezione: plasmo l’argento, lo fratturo e poi lo risaldo, mi si svela interiormente il valore di questa pratica.
Per me Kintsugi è un’arte lenta che ti insegna che è responsabilità tua prenderti cura di ciò che ti ha ferito per donargli un senso nuovo.
Durante la conferenza, gremita di curiosi, abbiamo parlato dei due approcci diversi: quello della tradizione di Chiaraarte e quello innovativo che applico ai gioielli. Due tecniche diverse che però hanno in comune lo stesso valore simbolico.
L’oggetto riparato si impreziosisce e diventa unico e irripetibile portando lo spettatore a soffermarsi sulla bellezza della fragilità e dell’imperfezione, che è metafora della vita stessa.
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